il Davinotti

il Davinotti: migliaia di recensioni e commenti cinematografici completi di giudizi arbitrari da correggere

VILLA MUSSOLINI
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340874 commenti | 64517 titoli | 25598 Location | 12811 Volti

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  • Film: Zero in condotta (1983)
  • Multilocation: Cinema Nuovo Sacher
  • Luogo reale: Largo Ascianghi 1, Roma, Roma
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  • Film: Diabolik - Chi sei? (2023)
  • Luogo del film: Il porticciolo da cui parte il motoscafo che dovrà recuperare la barca alla deriva con Diabolik in f
  • Luogo reale: Isola di Dino, Praja a Mare, Praia a Mare, Cosenza
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ULTIMI VOLTI INSERITITUTTI I VOLTI

  • Franco Ciolli

    Franco Ciolli

  • Sandro Borchi

    Sandro Borchi

Nella pagina che si apre cliccando qui sono catalogati migliaia di volti di attori legati direttamente o marginalmente al cinema italiano, ognuno con nome e filmografia (davinottica e non). La pagina (e conseguentemente le schede dei film) sono costantemente aggiornate con nuove introduzioni.

ULTIMI COMMENTI

Commento di: Galbo
Un film che testimonia la vitalità del cinema iraniano contemporaneo, che è insieme thriller e denuncia dell'opprimente condizione della società civile di quel paese e della pesante condizione femminile in particolare. Il tutto con uno sguardo personale di un regista di grande talento, che cura l'aspetto tecnico della pellicola, con fotografia di ottimo livello. Una citazione per l'ottima prova di tutti gli attori, con particolare riferimento agli interpreti del killer e della giornalista. Un film necessario, da vedere.
Commento di: Pigro
La signora teme di essere uccisa dal marito, cosa che puntualmente avviene, ma c’è Poirot pronto a indagare. La trama è piuttosto esile e che le cose non siano come dichiarate all’inizio è talmente ovvio da togliere ogni alone di mistero, per concentrarsi su altro e cioè sulle dinamiche tra i personaggi (pochi: facile indovinare) e soprattutto sull’ambiente, che fin dal titolo ha il suo peso, con il suggestivo villaggio cornico di Dunster che suscita il maggior interesse, a cominciare dal curioso mercato ottagonale. Abbastanza godibile.
Commento di: Capannelle
Borghi, Lo Cascio e l'atmosfera plumbea delle acque del Po. All'inizio la chimica del tutto sembra funzionare, soprattutto nella contrapposizione tra i bracconieri e chi rivendica la difesa del territorio contro le loro incursioni. Questo in attesa di vedere lo sviluppo dei personaggi ed è proprio qui che il film pare non corrispondere alle aspettative. Se da una parte la mano registica e l'uso dei luoghi non deludono, dall'altra la sceneggiatura naviga in torrenti poco invitanti.
Commento di: Pigro
Mal gliene incoglie a Max che si mette a corteggiare contemporaneamente due cugine... che ovviamente scoprono il furbetto e si vendicano spassosamente. Cortometraggio garbatamente piacevole, perlomeno nella trama (vagamente falstaffiana). In alcuni momenti il protagonista mette a segno qualche situazione carina (per esempio, quando lascia cadere le poesie d’amore e fugge pudicamente e goffamente), mentre è sicuramente spettacolare la lunga caduta della botte in cui è rinchiuso. Pellicola non particolarmente brillante, ma godibile.
Commento di: Luluke
Il tema della casa infestata mischiato a quello della possessione diabolica: niente di nuovo e di originale, che vale per tutta la serie di Amityville, mai sollevatasi oltre la stretta sufficienza. Questo di Damiani è comunque il miglior episodio, anche perché il regista italiano dimostra come sempre mano felice nel dirigere un cast più che dignitoso per un horror e nel mantenere alta la tensione, introducendo elementi di perversione e sessuofobia in un quadro familiare di grettezza (il padre) e bigottismo (la madre) e qualche citazione. Per il resto però più urla che spaventi.
Commento di: Tarabas
Commedia che in genere si definisce scoppiettante, tutta imperniata sul binomio Williams - Robbins, che mette in scena una variazione comica del film con ostaggi. Gli scambi di battute sono frenetici e le situazioni non vanno, ovviamente, prese sul serio mai. Anche il cast femminile di ex mogli e amanti di Williams è azzeccato. Nel suo genere, diverte assai e tanto basta.

ULTIMI PAPIRI DIGITALI

Dietro a un titolo banale e anonimo, ennesima variante di un classico citato ormai infinite volte, si nasconde un film invece con più di una qualità, che pur rifacendosi anche nell'idea di base al capolavoro monicelliano...Leggi tutto sa offrirne una versione moderna che ne eredita in giuste dosi amarezza e divertimento. Siamo anche qui a Roma ma la zona interessata, nominata spessissimo nel film, è il Labaro, quartiere a nord della Capitale dove abitano due ladruncoli da quattro soldi, Ruggero (Giallini) e Cosimo (Mastandrea). Il primo è un elettricista sposato con Marisa (Natoli) e ha un figlio, il secondo ha l'hobby dell'aeromodellismo.

Quando Cosimo, durante un lavoro, conosce un ricco collezionista d'arte (Ferrari) che rimpiange il magnifico Van Gogh perso al gioco da suo nonno e viene a sapere che proprio quel quadro è custodito in un museo lì nei pressi e potrebbe rivenderlo al ricco signore per oltre un milione di euro, fa due più due. Anzi, di più, perché Marisa lavora proprio come custode in quello stesso museo! Insomma, avrebbe già un compratore e a portata di mano la disponibilità di chi conosce molto bene l'impianto di sicurezza. Chiama Ruggero e lo convince a dare una svolta alle proprie vite, coinvolgendo nell’operazione pure la moglie inizialmente riluttante. Sarà sufficiente procurarsi una copia del quadro e sostituirla nottetempo eludendo gi allarmi e le telecamere provocando un blackout.

In campo avverso milita Piero (Favino), poliziotto dotato di buon acume, un matrimonio fallito alle spalle e che già ha messo gli occhi su Ruggero e Cosimo in seguito a una rapina condotta dai due ai danni di un autobus di coreani. Due mondi contrapposti nella sfida sempiterna tra guardie e ladri, tra le più battute dal nostro cinema. La storia però a sorpresa gira bene e tutti e quattro i protagonisti confermano bel talento interpretativo, riuscendo in qualche modo a sopperire alle carenze della regia un po' zoppicante di Antonello Grimaldi e alla povertà della confezione, dovuta alla destinazione televisiva del film. Peccato, perché la sceneggiatura di Walter Lupo (a cui si deve anche il soggetto) e Luca Rossi aveva ottime potenzialità. Soprattutto per come viene risolta la seconda parte, in cui si perde parzialmente lo spirito ironico che pervadeva fin lì il film ma si acquisisce spessore drammaturgico (guadagna spazio Favino, nella prima parte poco presente) azzeccando qualche convincente colpo di scena e un bel finale in cui ancora una volta si sfrutta la bravura del cast per raggiungere un buon risultato.

Giallini dei tre mattatori sembra il meno incisivo (all'epoca era ancora poco noto al grande pubblico), ma il personaggio nelle sue corde comunque l'aiuta. Qualche forzatura nel tentativo di dare un taglio romantico al personaggio di Cosimo (che ad ogni complimento si schermisce rispondendo solo "sono un elettricista"), un certo accenno di sciatteria dovuta alla limitata coralità di una storia che di solito prevederebbe ben più figure implicate nel progettato furto, ma il tutto gira e, considerato che si tratta di una produzione televisiva (Mediaset), ci si può dire soddisfatti.

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Mescolando i titoli del suo libro più celebre (“Il Brodo Primordiale”) e del film che all’epoca stava uscendo (SEPARATI IN CASA), il napoletano Riccardo Pazzaglia, noto per la sua partecipazione in qualità di “filosofo” a “Quelli della notte” di Arbore ma autore di molto più di quanto non si pensi (esordì...Leggi tutto come regista cinematografico addirittura nel 1961 in uno dei primissimi film con Franco e Ciccio, L’ONORATA SOCIETA’), se ne va a Parigi e comincia da lì. Da un ristorante, per la precisione, dove non gli servono il richiesto brodo ma un “potage”, sabotandogli di fatto la presentazione del titolo.

L’episodio di “Che fai... ridi?” coglie molto dello spirito improvvisativo di Pazzaglia, della sua contagiosa simpatia (comune a tanti napoletani) che lo porta a completare uno dei tanti episodi della serie che viaggiano a metà tra la metatelevisione e il documentario. Si comincia dal “backstage”, se così vogliamo chiamarlo, del film SEPARATI IN CASA, che funge da esile filo conduttore per le scorribande parigine di Pazzaglia.

Il primo incontro è con un libraio all’ombra di Notre-Dame, al quale chiede lumi sulla diffusione dei romanzi italiani in Francia e in particolare del suo, “Il Brodo Primordiale”, propagandandolo come titolo notissimo e imperdibile. Quattro simpatici scambi in francese tradotti alla buona dal nostro secondo una tecnica che sarà costretto a usare in più occasioni. Non però con l’uomo di origini italiane al quale lungo la strada porrà un curioso interrogativo: dove si trovano a Parigi, dal momento che siamo in autunno, le foglie più morte? Come riconoscerle da quelle “meno morte”? Solo un esempio di ciò che Pazzaglia farà nella capitale francese, dirigendo qualche scena del suo film senza chiedere alcun permesso per girare e producendosi magari in un duetto improvvisato con un’attrice di strada, che “disturberà” amichevolmente divertendo gli astanti.

Il ritorno a Roma coinciderà con una ripresa dei temi legati al suo film e con una lunga parentesi nella casa dove si trovano i letti “separati”. Discuterà col direttore della fotografia, Nino Celeste, e con altri componenti della troupe prima di prodursi, nel finale, in un duetto canoro con Simona Marchini (che nel film interpreta la moglie di Pazzaglia stesso). Su un piccolo palco i due intoneranno “Voglio andare a fare il guru” giocando in modo piuttosto elementare con la religiosità indiana e l’unico scopo di riproporre quelle canzoni a “doppio senso” che nell’Italia di molti anni prima spopolavano.

Al di là di qualche siparietto brillante, tuttavia, l’insieme è slegato e dà decisamente l’idea di un episodio costruito senza una vera traccia, che lascia unicamente alla simpatia del suo protagonista l’onere di sostenere scene altrimenti faticosamente digeribili. Anche così, comunque, non si può non notare come ogni sequenza venga diluita a dismisura rendendo inefficaci le tracce di umorismo che la compone. L’impressione è che Pazzaglia prosegua senza sosta a briglia sciolta, col risultato di dare forma a qualcosa di non esattamente apprezzabile, per chi non sia strettamente un fan del protagonista…

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Didascalia d’apertura coraggiosa: “Tutti i personaggi di questa storia sono realmente esistiti – Tutti i fatti descritti sono realmente accaduti”. Nessuna invenzione quindi, nessuna “licenza cinematografica”; rispetto pieno della cronaca del 1956 dal momento in cui (era la notte tra il 26 e il 27 maggio) Franco Percoco (Vicari) uccise a Bari i genitori e il fratello Giulio. Della strage nulla si vede perché si comincia da subito dopo: Franco è sotto la doccia, a pulirsi dal sangue. Ha sistemato in qualche modo i tre cadaveri nella stanza dei genitori,...Leggi tutto che ha poi chiuso a chiave per assicurarsi che nessuno metta il naso. Il naso soprattutto, visto l’odore nauseabondo che inevitabilmente ne uscirà. Franco pensa ingenuamente di risolvere il problema spruzzando molto profumo in casa, imbevendo batuffoli che fissa alle porte…

Per quanto riguarda l’assenza dei genitori spiega a chi glielo chiede che sono andati a Montecatini due settimane per le terme. La dichiarazione scricchiola fin dall’inizio però, visto che il giorno della trasferta, in cui Franco dice di averli accompagnati, pioveva come non mai… Ma tant’è. I giochi sono fatti e adesso il nostro protagonista può spassarsela come preferisce usando i soldi tenuti in casa da papà e mamma: banconote gigantesche come a quel tempo si usava, che già dal taglio davano l’idea del loro valore.

La ricostruzione storica, supportata da una definizione altissima dell’immagine, non delude: la Bari di metà Cinquanta, per quanto fin troppo scintillante (ogni auto brilla, la conservazione dei palazzi è impeccabile), riesce a calarci in una realtà lontana che i tempi molto lenti e la colonna sonora contribuiscono a trasferire in una dimensione quasi onirica. Un po’ quella che Franco vive: lo sguardo in apparenza assente, si trascina da un ristorante di lusso a un bordello mostrando una reattività quasi nulla.

La casa libera, finalmente, permette di invitarvi la bella fidanzata (Metcalf) per non fermarsi al solito bacio, anche se i pensieri vanno con insistenza a una prostituta incontrata un anno prima al bordello, che si sostituisce idealmente nei suoi pensieri alle donne con cui va a letto. La linea scelta è quella di una regia “liquida”, che accompagnata da una fotografia algida prosegue nel descriverci un Franco Percoco di rado totalmente in sé, che pare muoversi per inerzia, che risponde meccanicamente a chi gli chiede notizie dei suoi (come la portiera del suo stabile, interpretata da Gegia) e non si preoccupa troppo dei vicini (tra i quali si riconosce Michele Mirabella) che suonano al campanello chiedendo da dove venga l’insopportabile puzzo che sentono nei loro appartamenti.

Nulla a che vedere, quindi, con le moderne storie di serial killer: ogni delitto resta rigorosamente fuori campo, ciò che si analizza sono le conseguenze nel quotidiano dell’omicida, i giorni in cui ha potuto vivere senza preoccuparsi di alcuna limitazione finanziaria. Se si accetta il passo sonnacchioso, lento, accentuato dalla ricercata monoespressività del protagonista, si possono apprezzare i morbidi movimenti delle riprese, l’occhio puntato con gusto sulla Bari d’epoca, i costumi, le canzoni (dalla “Malafemmina” di Totò all’ “Arrivederci” di Marino Barreto jr.) e una certa capacità nel raccontare il dramma vissuto da chi ha ucciso senza forse nemmeno troppo rendersi conto degli effetti delle proprie azioni. Ergastolo, ovviamente, convertito poi in 23 anni grazie alla buona condotta.

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Il tenente Colombo

Da sempre una grande passione del Davinotti, il tenente Colombo ha storicamente avuto sul sito uno spazio fondamentale. Ogni puntata uscita ha un suo singolo commento da parte di Marcel MJ Davinotti jr. e di molti altri fan, ma per Colombo è stata creata fin dagli albori del Davinotti una homepage personale che raccoglie non solo i commenti ma anche informazioni e curiosità su uno dei più grandi personaggi televisivi mai apparsi. ENTRA

L'ISPETTORE DERRICK

L'unico altro telefilm che col tempo ha raggiunto un'importanza paragonabile a Colombo (con le dovute differenze) sul Davinotti è “L'ispettore Derrick”. Anche qui ogni singolo episodio della serie (e sono 281!) è stato commentato, da Zender prima e da molti altri fan poi, ma con un approccio più sdrammatizzante, in ricercato contrasto con la compostezza del telefilm. Il link porta a una pagina collegata anche agli approfondimenti in tema. ENTRA

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